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I vaccini anti-COVID19. Cosa aspettarsi realisticamente. Vere e false promesse.

Percepisco una certa confusione sulla situazione attuale coi vaccini. Largamente si tratta di aspettative molto rosee su una situazione che è ancora in pieno delinearsi. Vorrei provare a riportare il discorso sulla base probabilistica in cui ragiona la scienza di modo da avere una visione di insieme più realistica di quale è la situazione e quali sono gli scenari correnti. È una lettura che per sua natura appare non rosea ma spero che il lettore di questo pezzo capisca che non voglio farne una questione di pessimismo, ma di rischio e di PREPARAZIONE. Dobbiamo essere preparati a qualsiasi ipotesi di modo da avere piani di contingenza che ci permettano di avere una vita compatibile con le misure necessarie a tenere a bada il contagio per ancora qualche tempo.

I vaccini disponibili e quanti ce ne servono.

Intanto bisogna ricordarsi che quello dei vaccini è un mercato globale e che ogni numero che riguarda la produzione va confrontato con i fabbisogni di interi continenti. La Cina, l’India e la Russia fanno affidamento sulle proprie risorse, ognuna con i suoi vaccini. Parte del medio oriente e del sud est asiatico e del sud america si stanno appoggiando ai vaccini cinesi. In Europa e USA al momento sentiamo parlare prevalentemente di Astrazeneca, Pfizer, e Moderna che saranno anche verosimilmente le uniche tre approvate e distribuite in misura considerevole nel 2021 in Occidente. Insomma, interessante vedere che dal punto di vista della globalizzazione, il mondo è comunque spaccato in tre o quattro parti con poca intersezione. La produzione dei vaccini rimarrà il collo di bottiglia verosimilmente per tutto il 2021. Moderna ha una capacità produttiva di 100M di dosi l’anno. Già da Maggio ha commissionato 400M di dosi a Lonza ma ancora la produzione non è iniziata (le autorizzazioni del governo svizzero sono arrivate due giorni fa). BioNtech ha una capacità produttiva dichiarata più alta (1300M di dosi l’anno) con gli stabilimenti correnti (Mainz e Idar-Oberstein). Altri stabilimenti si stanno costruendo a Marburg che dovrebbero aumentare la produzione di circa 750M di dosi l’anno. Importante notare che sia Moderna che Pfizer/BioNtech sfruttano la stessa nuova tecnologia per fare vaccini e che quindi in un certo senso competono tra di loro per le risorse (es: terze parti a cui commissionare la produzione).

Insieme, nelle migliori delle ipotesi, Pfizer e Moderna dovrebbero avere una produzione di circa 2000 – 2200M di dosi totali nel 2021. Notare che Senza approvigionamenti ultieriori da altri produttori, l’Italia dovrebbe continuare a ricevere intorno alle 700k dosi alla settimana. Cosa vuol dire? Gli over 60 in italia sono circa 20 milioni. Per coprirli tutti con due iniezioni servono quindi 40 milioni di dosi ovvero 56 settimane di approvigionamento. Questo, ripeto, per coprire solo gli over 60.

Ovviamente è possibile e auspicabile che i numeri aumentaranno man mano che altri vaccini verranno approvati ma non dobbiamo dare per scontato che accada nè dare per scontato che accadrà nei tempi previsti. Ricordiamoci che solo il 14% dei farmaci supera con successo le tre fasi di trial clinico e che circa il 50% non passa la fase tre. La proteina spike ha mostrato di essere molto immunogenica e questo gioca a nostro favore ma come vedremo più sotto, l’efficacia dei vaccini può variare considerevolmente.


Questi numeri sono il motivo per cui il Regno Unito sta considerando seriamente di abbandonare la seconda dose. È probabile che questa sarà una discussione affrontata anche in altri paesi, in base anche a quello che succederà in questo esperimento molto pacioccato del regno unito. Ad un certo punto durante il 2021 penso si inizierà a mettere in conto la possibilità di iniziare ad usare in Europa i vaccini Cinesi. Per ovvi motivi la Cina ha meno premura di vaccinare tutta la popolazione e probabilmente vedrà come una opportunità politica di propaganda quella di offrirci i suoi vaccini. Sarà interssante vedere la reazione politica in Europa.

Efficacia dei vaccini.

L’efficacia dei vaccini finora approvati nei trial è stata molto buona per Pfizer e Moderna (90+%) ma meno buona per Astrazeneca (AZ). Il regime di dosi approvato per AZ ha avuto una efficacia in trial del 62%. Questo fattore, prima ancora di avere una rilevanza dal punto di vista della epidemiologia, ha una rilevanza di diffusione. Sapendo che al momento la scelta è tra un vaccino con efficacia prevista del 90% e uno con efficacia prevista del 60%, quale scegliereste? E chi decide con che criterio somministrarli? Questo problema ancora in EU non lo abbiamo perchè AZ da noi non è ancora stato approvato ma in UK e India lo è stato quindi sarà interessante vedere come verrà affrontato. Al momento, negli UK non si è posta molta attenzione mediatica sul fatto che il vaccino AZ sia meno efficace (ma tanta attenzione sul fatto che sia made in UK – miracoli del nazionalismo). Per quanto riguarda l’efficacia, bisogna anche considerare che questi appena delineati sono i numeri del best case scenario!

Quelli reali potrebbero essere molto più bassi per diversi motivi:

  • Differenza tra [efficacy and effectiveness.
  • Composizione delle coorti di soggetti scelte nei trials
  • Immunità sterilizzante
  • Varianti esistenti
  • Varianti future.

Sul punto primo non dirò molto. Rimando a qualche lettura esterna. Basti sapere che un conto sono i numeri dei trials e un altro quelli del mondo reale. È un concetto che in ogni caso raccoglie sotto se stesso gli altri di cui voglio parlare quindi non c’è bisogno di approfondirlo ulteriormente.

Per quanto riguarda le coorti, tutti i trial sono stati fatti in gruppi di soggetti che includessero tutte le età adulte ma non rappresentative di quelle maggiormente affette dalla malattia. La frazione di soggetti over 70 in tutti e tre i trial si aggira tra il 3% e il 5%. Il rimanente 97-95% è sotto i 70 anni. Le due figure sotto sono indicative del concetto. La prima mostra una stima grossolana delle morti da COVID-19 per fascia di età.

La seconda (sotto) mostra la composizione demografica della cohorte vaccinale di Pfizer, che è stata la più ampia delle tre. La proporzione de degli over 75 nella cohorte Pfizer è stata solo del 4.3%.

Insomma, numericamente parlando abbiamo motivi molto solidi per pensare che almeno due vaccini su tre abbiano un effetto molto buono nella popolazione più giovane ma per quando riguarda la popolazione più colpita dalla malattia dobbiamo estrapolare perchè i dati sono carenti. Magari funziona ugualmente! Ma non è detto. È importante sottolineare punti di forza, punti di debolezza e caveat e questo è un grosso caveat. Una delle conseguenze dirette di questa scelta sui campioni è che, di conseguenza, abbiamo pochi casi di ospedalizzazione nei trial clinici. Ad esempio, nel trial AZ si legge

There was only 1 severe COVID-19 case in the primary efficacy analysis (from 15 days after dose 2) in the control group. Even considering all cases from dose 1 there were only 2 severe cases, both in the control group.

Insomma nel trial AZ c’è stato solo un caso che ha richiesto ospedalizzazione da COVID nel gruppo placebo quindi il fatto che non ce ne sia stato neanche uno nel gruppo dei vaccinati potrebbe essere un effetto reale del vaccino oppure una oscillazione statistica. Dal punto di vista della clinica, sappiamo che in moltissimi casi la malattia precipita rapidamente al settimo giorno senza necessariamente aver dato sintomi particolarmente forti in precedenza. Molti soggetti sono quasi asintomatici finchè non si rendono conto, repentinamente, di avere una ossigenazione del 70%. È un aspetto molto misterioso della malattia che non capiamo assolutamente. C’è in genere buona evidenza che la parte più difficile della progressione sia da attribuire alla risposta immunitaria del paziente piuttosto che dalla semplice proliferazione virale.

Veniamo alla immunità sterilizzante. In gergo, si intende la capacità di un vaccino non solo di bloccare il decorso della malattia ma anche di bloccarne la trasmissione. In principio, uno vaccino potrebbe azzerare i sintomi completamente ma non bloccare la trasmissione della malattia. Per misurare l’effetto di immunità sterilizzante bisogna quindi necessariamente trovare gli asintomatici positivi nel gruppo vaccinato e seguirne i contatti per identificare possibili catene di contagio. Il trial Astrazeneca è stato l’unico che ha fatto questo, facendo tamponi settimanali a tutti i partecipanti. Ha trovato che nel regime approvato dal regolatore, l’effetto di immunità sterilizzante è stato quasi non-esistente (4%). Non sappiamo se questo sia legato al fatto che il vaccino AZ avesse efficacia più bassa. Moderna ha fatto tamponi ma solo tra la prima e la seconda dose quindi la quantità di dati a disposizione per quell’analisi è minore ma ha trovato risultati un po’ più incoraggianti con una riduzione di circa il 50%. Altri studi dedicati erano stati proposti negli USA ma purtroppo non sono stati finanziati (lo so: incredibile).

Rimane il fatto che anche nella migliore delle ipotesi, la riduzione di immunità sterilizzante è bassa e questo ha implicazioni sulla famosa immunità di gregge. L’immunità di gregge dipende da quattro fattori:

  • Frazione delle persone che riusciamo a raggiungere con il vaccino (bassa per via della carenza di dosi)
  • R0 del virus (in rialzo per via della variante)
  • Efficacia del vaccino (buona per alcuni, non buona per altri)
  • capacità del vaccino di conferire immunità sterilizzante (non pervenuta finora).

Nel nostro caso, tutti e quattro i fattori remano contro e ci fanno pensare che l’immunità di gregge non sarà una cosa su cui fare nessun affidamento, almeno nel 2021 o 2022.

La incognita delle varianti.

Sulle varianti esistenti o future ci sarebbe da scrivere un libro. Per ora NON sappiamo se i vaccini attuali avranno la stessa efficacia con le due varianti più preoccupanti: B.1.1.7 (UK) e B.1.351 (Sud Africa). Si sente spesso dire che “è molto improbabile che un singolo residuo possa avere un effetto sugli anticorpi prodotti” ma questo ragionamento è sbagliato per diversi motivi:

  1. Un singolo residuo può avere un effetto forte sulla neutralizzazione anticorpale. La mutazione E484, ad esempio, presente nella variante sud africana riduce da sola l’efficacia della risposta anticorpale fino a 10 volte (pre-print).
  2. Varianti hanno cambiamenti multipli che possono agire in maniera sinergistica.
  3. Queste varianti, per quanto ne sappiamo, si sono evolute proprio per evadere dalla risposta anticorpale. Non si può prescindere da questo argomento.

In sostanza, penso che sia molto ragionevole pensare che l’efficacia sul campo dei vaccini sarà ridotta dalle varianti attualmente in circolo. Di quanto sarà ridotta è ancora impossibile dirlo. Potrebbe essere un ininfluente 1-2% o potrebbe essere qualcosa di più sostanzioso, a due cifre.

Quali sono gli scenari?

Visti tutti gli aspetti ancora ignoti, quali sono quindi gli scenari? Credo che realisticamente parlando lo scenario più roseo per l’Italia sia quello in cui si riesca a vaccinare tutti gli over 70 entro l’Estate. Se il vaccino funziona come speriamo in quella fascia di età, questo dovrebbe ridurre le morti considerabilmente (intorno a -70%). Non risolverà il problema e soprattutto non permetterà di abbassare la guardia.

L’errore obiettivamente più grande che potremmo fare e di pensare di lasciar correre il virus più di quanto già corra ora. Sarebbe il metodo migliore per selezionare artificialmente nuove varianti. Un mito molto diffuso (anche tra i colleghi) da sfatare è che il virus debba necessariamente evolversi verso una variante più contagiosa ma meno letale: assolutamente sbagliato. Niente di più sbagliato. La fatalità non è quasi mai un tratto di fitness, nemmeno quando è molto alta, figuriamoci se debba esserlo in un contesto in cui la fatalità attuale è 1-3%. Il virus ha un 99% di soggetti che non uccide in cui può continuare a scorrazzare felice: non esiste nessun incentivo evolutivo a risparmiare quel rimanente 1-3%, soprattutto considerato che la morte incorre settimane dopo il contagio e che il virus ha tempo di infettare contatti in fase presintomatica, ed è bravissimo a farlo. Inoltre, dal punto di vista evoluzionistico non esiste nessun esempio concreto di virus simile che abbia fatto questo percorso e anzi esistono innumerevoli esempi di virus che permangono con fatalità identica da decenni. Il virus del comune raffreddore che si porta ogni tanto ad esempio di virus che sarebbe diventato più buono risale probabilmente al primo medioevo e non abbiamo nessun motivo di pensare che fosse più letale nel 1100 quando è probabilmente comparso. Altri virus, come la epatite emorragica del coniglio, sono stati isolati negli anni 1980 e hanno ancora fatalità che si aggira intorno al 98%: cioè quasi il 100% dei conigli che lo prende, muore nel giro di una settimana. Questo dopo 40 anni di evoluzione e diverse campagne vaccinali nei conigli.

Questo è probabilmente argomento per un’altra discussione ma in genere, l’evoluzione in natura avviene su tempi lunghi e per direzioni spesso casuali e coinvolge tutte le parti in gioco (virus e ospite). Il morbillo, ad esempio, ha sempre agito in maniera più virulenta su quelle popolazioni con cui non è mai state in contatto in passato: l’epidemia del morbillo del 1875 delle isole Fiji ha mostrato una virulenza altissima sulla popolazione, decimandola. Qualcosa di simile potrebbe essere successo quando Cristoforo Colombo e i suoi iniziarono a portare nel nuovo mondo germi che non erano mai stati incontrati prima. Insomma, l’evoluzione è una strada complessa e spesso per quanto riguarda la mortalità è l’ospite che si adatta al virus! Basti anche pensare a come la malaria ha cambiato il profilo genetico della Sardegna: i sardi si sono adattati prima del parassita malarico.

Insomma: al momento i vaccini rimangono la nostra arma migliore ed è francamente incredibile in quanto poco tempo si sia andati dall’identificazione del virus alla commercializzazione dei vaccini. Ma niente false speranze: continuate a chiedere ai vostri governi che agiscano per prepararsi a piani alternativi e soprattutto a piani che siano compatibili con rendere l’economia attiva e viva, in concomitanza con livelli bassi di contagio. Ogni argomento che tende a sminuire la minaccia del virus e ogni argomento che tende a sovrappesare le nostre capacità di contenerlo è un argomento che ci avvicina inesorabilmente ai lockdown a cui siamo abituati che non sono lockdown preventivi e circostanziati ma l’ultima disperata risorsa di chi non si è preoccupato abbastanza.

3 Comments

  1. Finalmente una analisi seria e completa. Realizzata basandosi sulla scienza senza alcuna interferenza o preclusione geopolitica.

  2. manuel ricci manuel ricci

    veramente chiaro e onesto

  3. Antonio Antonio

    Dare per buona in modo acritico l’efficacia e la sicurezza finora dichiarate dai produttori o è una svista o è grassa ignoranza.. attenzione alla scelta delle parole. Manca poi completamente un cenno a prevenzione e terapie.

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